Pio Paschini
Nacque a Tolmezzo il 2 marzo 1878, primogenito di undici fratelli, da Caterina Bonitti, originaria di Gemona del Friuli, e da Daniele, proprietario di una piccola tipografia-cartoleria al centro del paese. Nel 1887, per suggerimento dello zio paterno don Giacomo, fu iscritto al collegio-convitto del Seminario vescovile di Treviso e frequentò il locale Ginnasio liceo Antonio Canova, dove conseguì la maturità. Nel novembre 1895 entrò nel Seminario arcivescovile di Udine, allora diretto da mons. Pietro Antivari, per seguire il triennio dei corsi teologici. Fu quindi inviato a Roma, nell’ottobre 1899, presso il Seminario dell’Alta Italia, per seguire i corsi di diritto canonico nella Pontificia Università Gregoriana, dove ebbe come maestro il grande canonista p. Francesco Saverio Wernz, divenuto più tardi generale dei gesuiti, e dove si laureò nel 1900. Rientrato in diocesi e ricevuta l’ordinazione sacerdotale dalle mani dell’arcivescovo mons. Pietro Zamburlini, Paschini nel 1901 fu nominato insegnante di lettere nel Ginnasio liceo e successivamente, nel 1906, docente di storia ecclesiastica e di diritto canonico nei corsi teologici.
Furono questi gli anni in cui nacque e si sviluppò la vocazione di storico di Paschini, favorita da un ambiente, quello del Seminario di Udine tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, che stava attraversando una feconda stagione di rinnovamento culturale. Figura di spicco in questo contesto era quella di Giuseppe Ellero, di dodici anni più anziano, che assieme a Paschini fu coinvolto nel dibattito sul modernismo. Alla formazione dello storico contribuì, in maniera determinante, anche la rete di rapporti che si era venuta creando tra gli ecclesiastici, impegnati nel rinnovamento degli studi di storia della chiesa sulla base di un metodo storico-critico aggiornato: fra essi, in primo luogo, il gesuita piemontese Fedele Savio, docente presso la Pontificia Università Gregoriana, Rodolfo Maiocchi di Pavia, fondatore della «Rivista di scienze storiche», e Francesco Lanzoni, rettore del Seminario di Faenza. Nel commemorare lo storico faentino, a molti anni di distanza (1949), Paschini ricorda quale fosse lo stato miserevole degli studi ecclesiastici di allora: «Gli studi delle scienze sacre […] si immiserirono per lo più nella ripetizione di principi ritenuti invincibili, ritenendo che nulla vi fosse di nuovo da indagare e nulla da mutare nei metodi della difesa della verità suprema […]. Quanto allo studio delle scienze sacre, è mortificante dover constatare quanto fosse sceso in basso […]. Quanto allo studio della storia della chiesa è meglio non scendere a particolari». L’occasione per avviarsi sulla strada della ricerca storica fu l’incarico di collaborare con l’Ellero e l’amico fraterno Giuseppe Vale, entrambi colleghi di insegnamento, alla preparazione di un volume celebrativo per il terzo centenario della fondazione del Seminario di Udine (Udine, 1902). Due anni dopo, nel 1904, in piena crisi modernista, Paschini pubblicò sul primo numero della «Rivista di scienze storiche» uno studio di una cinquantina di pagine, Sulle origini della chiesa di Aquileia. Il lavoro, che con metodo storico-critico metteva in discussione la tradizione plurisecolare delle origini marciane della chiesa di Aquileia, ebbe la recensione positiva del p. Savio sulla stessa «Civiltà cattolica», ma suscitò la reazione degli ambienti più tradizionalisti del clero locale, che era rimasto scosso dalle conclusioni della ricerca. Giuseppe Ellero descrive con efficacia il clima che si era creato in quegli anni: «Noi del seminario affrontiamo con sicurezza la critica e neghiamo con libertà ciò che risulta insussistente, senza timore che ne soffra per questo la fede, anzi persuasi che la fede se ne avvantaggia; i preti esterni invece in gran parte temono per la fede a ogni negazione di qualche miracolo poco provato». La preoccupazione con cui la Santa Sede seguiva l’evolversi della situazione trova riscontro anche nella relazione sulla diocesi di Udine predisposta dal visitatore apostolico, il domenicano p. Tommaso Boggiani, in occasione della sua visita compiuta dal settembre al novembre 1906. Boggiani, dopo aver ricordato la pericolosità di alcuni libri che circolavano tra i chierici del seminario, segnalava in particolare Ellero e Paschini per le «idee assai moderne e pericolose»: «Quanto alle idee moderne: pochi anni addietro il Seminario di Udine ne fu piuttosto turbato, e se ne scorgono tuttora profonde e lamentevoli tracce nel giovane clero. Si udivano per esempio giovani sacerdoti e chierici parlare della traslazione della Santa Casa di Loreto, del fuoco dell’inferno, del primato di san Pietro e di tante altre verità, come di cose non provate e non fondate. I libri di Tolstoj, del Carducci, dello Stecchetti, del Sinchievich, giravano per le mani dei chierici; il Loisy (prima della condanna) era lodato pubblicamente nella scuola; proposti come maestri, col Loisy, il Murri, il Minocchi, il Semeria, e letti con avidità i loro scritti come fossero dei Santi Padri. Fu allora che l’arcivescovo allontanò dal seminario parecchi professori; ma molto guasto era già stato fatto. Sono di idee assai moderne e pericolose, non ostante la loro promessa di essere prudenti: il prof. dott. don Pio Paschini, cui fu ora affidato l’insegnamento del Diritto canonico e della Storia ecclesiastica; il prof. Giuseppe Ellero, già privato dell’insegnamento di Storia ecclesiastica per la sua intemperante ipercritica, ma ritenuto in seminario come prefetto degli studi classici, e alcuni dei giovani sacerdoti insegnanti nel ginnasio». Fu la lungimiranza del vecchio arcivescovo Zamburlini, amico personale di Pio X, a evitare allora l’allontanamento del giovane Paschini dall’insegnamento. Neppure un secondo lavoro sullo stesso argomento (Udine, 1909) impedì che il nuovo arcivescovo Antonio Anastasio Rossi, appena entrato in diocesi nel 1910, confermasse a Paschini la cattedra di storia ecclesiastica nei corsi teologici. Sono oltre una trentina i contributi sulla storia della chiesa aquileiese e più in generale del Friuli, dalla tarda antichità al rinascimento, pubblicati da Paschini negli anni udinesi su alcune riviste locali, quali il «Bollettino della civica biblioteca e del museo», le «Memorie storiche forogiuliesi», gli «Atti dell’Accademia di scienze, lettere e arti di Udine». Un breve articolo su Cromazio di Aquileia vide la luce su «Revue Bénédictine» (1909) e una ricerca ben più ampia e articolata su Le vicende politiche e religiose del Friuli nei secoli nono e decimo uscì sul «Nuovo archivio veneto» (1911). Furono queste pubblicazioni, assieme alle recensioni dei suoi lavori apparse su «Civiltà cattolica», a far conoscere lo studioso anche oltre i confini locali e a creare le premesse per una sua chiamata a Roma presso il Pontificio Seminario romano maggiore (dal 1937 Pontificio Ateneo Lateranense). L’occasione fu una segnalazione abbastanza marginale fatta nel 1913 dal p. Savio, allora docente di storia ecclesiastica nell’Università Gregoriana. Il gesuita piemontese, richiesto di un parere nel suo specifico settore di studi, alla Commissione concistoriale incaricata di vagliare i candidati all’insegnamento nel Seminario romano suggeriva una serie di nomi aggiungendo come post scriptum: «Giudicandolo dai libri suoi crederei abile all’insegnamento eziandio il prof. Pio Paschini di Udine, che credo sia appunto professore di Storia ecclesiastica in quel seminario ed è ancora in buona età, senza essere troppo giovane». Fu questa alla fine la proposta vincente, non prima di aver acquisito anche il parere dell’arcivescovo di Udine. Il Rossi, nella nota riservata alla Congregazione, non nascondeva che «qualche ombra ebbe il suo insegnamento, notato alquanto di ipercriticismo anche dal Visitatore apostolico e da codesta Sacra Congregazione, tanto che suggerivasi l’allontanamento del prof. Paschini e del prof. Ellero dal Seminario», ma ciò non impediva a lui di raccomandarlo «avendo il Paschini modificato alquanto le sue idee su parecchi punti, specie sulla storia primitiva della Chiesa, e avendo trovato il mio antecessore ed io stesso alquanto di esagerazione nelle accuse»; per questo, concludeva il vescovo nella lettera alla Concistoriale, «io lo mantenni come professore, benché sotto particolare vigilanza, e non me ne ebbi a dolere, perché l’insegnamento suo era sano, efficace, fruttuoso». Fu Pio X a dare personalmente l’assenso alla nomina, anche se inizialmente solo «ad annum e ad experimentum». La nomina raggiunse Paschini agli inizi dell’agosto 1913 presso l’abbazia di Beuron in Germania, dove si trovava per una vacanza di studio. Trasferitosi a Roma, qui Paschini visse il resto della sua vita (1913-1962) coprendo ininterrottamente dal 1913 al 1949 la cattedra di storia ecclesiastica dell’Ateneo Lateranense, del quale divenne in seguito anche magnifico rettore (1932-1957). La nomina a canonico di S. Giovanni al Laterano (1930) gli offrì l’opportunità di avere una casa propria presso la basilica e di tenere presso di sé la sorella Anna, che sarebbe divenuta sua valida collaboratrice. Non gli mancarono riconoscimenti sia da parte della sua terra d’origine, alla quale rimase sempre profondamente legato, sia da parte delle istituzioni romane: socio della Deputazione di storia patria per il Friuli e dell’Accademia di scienze, lettere e arti di Udine, membro della Pontificia commissione di archeologia, consultore della Congregazione dei seminari e delle università, socio della Pontificia Accademia romana di archeologia, docente “per chiara fama” di storia moderna all’Università di Roma, pro-custode dell’Accademia dell’Arcadia, direttore dell’Enciclopedia cattolica (1948), presidente del Pontificio comitato di scienze storiche (1954). A pochi mesi dalla morte, avvenuta il 14 dicembre 1962, Giovanni XXIII lo nominò vescovo titolare di Eudossiade, quasi per compensarlo dei torti subiti dalla curia nei due decenni precedenti.